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MONTEPAONE – A vederlo sembra un albero come tanti altri ma in realtà, tra i suoi rami, tra le foglie e nella linfa che scorre nel suo fusto è ancora viva una parte di storia che ha caratterizzato il Mezzogiorno d’Italia. Si tratta dell’ultimo Albero della Libertà sopravvissuto alla furia restauratrice dei Borboni dopo la parentesi della Repubblica Napoletana. Sotto quest’albero si celebravano i momenti più importanti della comunità. Con la restaurazione borbonica, gli alberi della Libertà furono divelti e bruciati dal furore della reazione restauratrice. Oggi, in Italia, di quegli alberi non ne rimane traccia. O quasi, perché a Montepaone ancora svetta l’ultimo esemplare, dedicato ai cugini Luigi Rossi e Gregorio Matteri, entrambi originari del piccolo centro calabrese ed uccisi il 28 novembre del 1799 in Piazza Mercato a Napoli. L’ultimo esemplare di Albero della Libertà si trova a poca distanza dalla chiesa principale di Montepaone ed a pochi metri da quella che fu la casa del magistrato Gregorio Mattei. Si tratta di un grande Olmo, alto 14 metri, con una chioma altrettanto estesa ed un tronco enorme. I tanti turisti che raggiungono la cittadina calabrese e trovano riparo all’ombra di quell’albero non sanno che in realtà quella pianta cela una antica storia. È solo grazie ad un cartello poco distante che si scopre il perché quell’albero è venerato e rispettato dai residenti del paesino. “L’olmo – ha detto il sindaco di Montepaone, Massimo Rattà – è il nostro simbolo. È un olmo che resisterà perché rappresenta per noi un pezzo di storia importante e ricorda due figli di Montepaone uccisi per la libertà”. A Montepaone sono in tanti a pensarla come il sindaco. L’albero, per tutti, rappresenta un vero e proprio simbolo. Le persone più avanti con gli anni spesso, in modo particolare durante l’estate, sono sedute sulle panchine nelle adiacenze dell’olmo e rievocano storie vissute nei loro anni di gioventù. Poi, toccando l’imponente fusto dell’albero, sospirano – quasi a voler intendere che l’olmo può capirli – e si allontanano per passeggiare nella piazza centrale del paese. Ora però i duecento anni di vita dell’olmo iniziano a farsi sentire. Nelle settimane scorse durante un violento temporale una parte dell’albero è stata danneggiata. Nel 1985 un giornalista calabrese, Franco Pitaro, ha promosso una campagna di valorizzazione dell’albero e si è giunti anche a chiedere che il Ministero dei Beni Culturali apponesse il vincolo di bene storico. Nel 1997 alcuni volontari del Wwf della Calabria, tra cui l’architetto Aurelio Tuccio, associazioni, storici ed alcuni politici decisero di avviare una serie di iniziative per difendere la stabilità dell’albero. Negli anni scorsi c’è stato anche l’intervento di due studiosi dell’Istituto per la patologia degli alberi forestali di Firenze i quali decisero di porre la loro attenzione sul germoplasma dell’olmo crio-conservandolo sotto azoto liquido a -180 gradi. L’idea era quella di clonare l’albero in modo da avere tante altre piante dello stesso tipo da distribuire nei comuni dove i borboni distrussero gli altri alberi della libertà piantati in onore di coloro sostennero la repubblica Napoletana e furono uccisi alla furia borbonica. A distanza di quasi duecento anni da quel pezzo di storia meridionale c’è anche l’idea, proprio partendo dall’Olmo di Montepaone, di realizzare un gemellaggio tra tutti i comuni di origine dei martiri della Repubblica Napoletana.

Articolo tratto da “Calabria Ora” Ansa

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