Eravamo diversi e, forse, anche migliori di oggi perché in quegli anni l’amicizia era sincera e a ciascuno di noi bastava un niente per essere felice: un bicchier di vino, una strimpellata di chitarra, una scampagnata appena fuori paese”.È la prima considerazione di Totò Giorla, autore del volume “Petrizzi, come eravamo”, pubblicato in questi giorni dalle Edizioni Ursini, che raccoglie più di 250 foto degli ultimi 90 anni. Il libro, tuttavia, non è un testo di soli ricordi; è soprattutto il risultato dell’amore filiale di Giorla nei confronti del paese che gli ha dato i natali, dal quale non si è mai allontanato, se non per motivi professionali.“Il motivo primario di questa pubblicazione – aggiunge l’autore – è stato quello di suscitare interesse intorno alle radici storiche d’un tempo andato e di trasmettere alle nuove generazioni quanto i nostri concittadini degli anni passati hanno saputo costruire all’interno di questo paese con quotidiana dedizione, nel segno di un’amicizia e di un dialogo a tutto campo”.E così, Totò Giorla attraverso una serie di foto raccolte nell’arco di un trentennio, ricorda personaggi illustri come il medico-colonnello Antonio Aracri, oculista della Casa Reale, il barone Diego Marincola, il dottor Luigi Tucci, medico di famiglia e poeta amato da tutti, il farmacista Achille Fera, uomo di grande abilità oratoria e di sincera passione politica, ma anche Colombino Giorla, don Francesco Ursino, stimato docente di italiano e latino, gli arcipreti don Domenico Sinopoli e don Bruno Samà, tanto per citarne alcuni. Giorla tuttavia non si limita a ricordare solo i concittadini più illustri, ma ripercorre la storia del paese citando altri “personaggi”, certamente meno noti al di là dei confini del territorio, ma molto cari ai petrizzesi. Tra questi: don Luigino Pirrò, i maestri Gianni Battaglia, Peppino Curcio, Pietro Giorla, Pietro Caristo, il barbiere Pepè Condò, e Nicola Santopolo. “L’autore – scrive Fulvio Castellani introducendo il volume – ha raccolto attorno a sé una ricca documentazione legata all’ambiente, alla storia, alle usanze, alle bellezze architettoniche, ai profumi di ginestra e di zagare, all’antica roccia di Petrizzi, al fiume Beltrame, alle spesse mura che circondavano il borgo, alle due porte che immettevano al paese (dopo l’alluvione del 1962 è rimasta soltanto la porta ‘e jusu), alle grandi opere granitiche che marchiano di sé molti angoli dell’antico borgo, alle fontane, al territorio montano costiero che dal Golfo di Squillace sale alle Serre, alle famiglie che hanno dato lustro al territorio e a quanti hanno vivacizzato, con la loro presenza attiva, tradizioni e pagine di un grande diario d’amore per la propria terra d’origine, dando alla stessa notorietà e lustro. Un libro, insomma, – pubblicato in elegante veste grafica da un altro attuale illustre “petrizzotu”, l’editore Vincenzo Ursini – che è un archivio a viso aperto e che certamente costituirà motivo di ulteriore orgoglio per la comunità. È un mosaico di piccole grandi realtà, di microstorie e di sfumature policrome che vanno ben oltre lo spazio temporale e che si proiettano a richiamare a sé, magari con il gruppo in gola, quanti vi si ritrovano e si rivedono com’erano in anni ormai archiviati e quanti, di rimando, cercano in quelle immagini ciò che erano i “petrizzoti” allorquando il progresso sfrenato di ora viveva soltanto nell’immaginario collettivo.

[box type=”info”] articolo di Gianni Romano[/box]

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